Manduca da Praia era un uomo mulatto dalla carnagione chiara. Portava una barba folta e appuntita, di colore grigio e rame. Era un tipo sicuro di sé, aveva una camminata lenta e risoluta e il suo viso aveva qualcosa che trasmetteva paura e fiducia allo stesso tempo.
Uomo d’affari qual’era, si vestiva sempre elegante, con un completo nero o grigio e indossava sempre un cappello di castoro bianco. Era il capoeirista più famoso del suo tempo a Rio de Janeiro.
All’epoca la città di Rio era la capitale del Brasile e vantava un grande fascino. Le pianure immerse tra le molte colline verdeggianti erano già allora colme di palazzi e le strade e le piazze erano spesso affollate.
Correva l’anno 1850 e la capoeira era vietata dal governo. Chi la praticava era spesso un bandito o un malvivente. Manduca però di distingueva dagli altri capoeirsti per la sua personalità fredda e calcolatrice e per la sua intelligenza, decisamente superiore.
Aveva un banco del pesce sul mercato, grazie al quale guadagnava abbastanza e viveva comodamente. Per questo non era solito immischiarsi nelle risse tra bande rivali, doveva mantenere l’immagine di uomo onesto ed affidabile per non compromettere gli affari. Potremmo dire che era un capoerista indipendente.
Una sera Manduca si trovava a festeggiare la sua ennesima vittoria sul ring con il presidente, brindando con un calice di champagne. Era molto frequente che i capoeristi sfidassero altri lottatori in un duello che terminava quando colui che perdeva chiedeva clemenza all’avversario.
Lui vinceva sempre, e la sua fama di lottatore inbattuto lo portò ad avvicinarsi a persone molto influenti e il presidente, appunto, era uno di queste. Manduca da Praia era il campione di Capoeira di Rio de Janeiro, una capoeira che non possedeva né musica né strumenti musicali, era solo una lotta di strada.
Dopo la serata tornò a casa e si fece una bella dormita per recupare tutte le forze.
L’indomani si svegliò tardi, un po’ frastornato e si recò al suo banco del pesce al mercato. Ad aspettarlo c’era un giovane che se ne stava seduto, con aria sospetta, su una panchina lì davanti.
“Buongiorno Sig. Manduca” disse “tutti i giornali parlano di lei, ha vinto anche ieri sera”
Manduca intuì immediatamente che il ragazzo era in cerca di guai e continuò ad osservarlo con uno sguardo attento.
“è arrivato in ritardo, e io mi sono servito, spero che non le dispiaccia” continuò.
Manduca notò le casse di pesce vuote dietro al suo banco, ma fece finta di niente
“ho detto allo scaricatore di porto che sono un suo amico fidato e di consegnarmi la merce al posto suo”… “i miei ragazzi hanno già provveduto a portare via il pesce. Ora è nostro Sig. Manduca, la prossima volta stia più attento!”.
Le sue parole suonavano come una minaccia, infatti, poco più in là, vi era un gruppo di giovani di diversa provenienza e cultura. Costoro erano immigranti, creoli e bianchi dall’aria intellettuale, che portavano un cappello con una cinta di stoffa di colore rosso sopra ad un altra di colore bianco e la visiera rivolta verso l’alto, come il ragazzo seuduto difronte a lui. Erano i componenti di una banda di malviventi, una delle più famose di Rio: i Guaiamuns. Manduca sapeva che avrebbe potuto affrontarli tutti con successo ed era fortemente tentato.
Irritato per la provacazione, stinse forte con la mano destra il suo bastone da passeggio, che era solito usare come arma. Ma, come tutti sapevano, lui non avrebbe mai combattuto contro di loro in una piazza pubblica, specialmente durante il mercato.
“Hai fatto bene” rispose “è colpa mia perchè sono arrivato in ritardo. Immagino che ora che avete preso la mia merce, non vogliate più nulla da me, dico bene?”
“per oggi siamo a posto così” disse il giovane ridendo, dopodiche richiamò i suoi scagnozzi con un fischio e se ne andò.
Ovviamente per Manduca la faccenda non era finita lì, aveva un piano perfetto per incastrare i malviventi.
Nel fine settimana era previsto un altro combattimento sul ring e la fortuna volle che il suo sfidante era uno dei membri dei Nagoas, la storica banda rivale dei Guaiamuns. I Nagoas vivevano nella periferia della città, la Città Vecchia, ed avevano una tradizione schiava e africana. Portavano cappelli con cinte di cotone bianco sopra ad un altra rossa e la visiera rivolta verso il basso, al contrario dei loro acerrimi nemici. L’incontro era previsto per la domenica successiva e Manduca si allenò tutta la settimana, nonostante fosse un capoerista fortissimo, non abbassava mai la guardia e si faceva sempre trovare preparato.
Il “ring” era al centro di una delle piazze della Città Nuova di Rio. La folla si era già riunita da un pezzo quando Manduca e il suo sfidante, un tale di nome Josivaldo, fecero la loro comparsa. Uno sparo in aria segnalò l’inizio dell’incontro e i due iniziarono a sfidarsi.
Manduca non faceva mai il primo passo, e, anche questa volta, attese che Josivaldo si avvicinasse. Provò a colpirlo con un martelo che Manduca schivò prontamente. Josivaldo continuò inperterrito a sferrare calci verso di lui, e Manduca a schivarli facendo oscillare il suo bastone per distrarlo, in attesa del momento più opportuno per metterlo a terra. Iniziava ad innervosirsi perchè nessuno dei suoi colpi andava a segno e si scagliava verso di lui sempre con maggior ferocia.
Manduca era famoso per la sua mandinga, quella “furbizia” tipica del capoerista che lotta con la mente, non solo con il corpo. Scelse il momento propizio per mettere l’avversario a terra con una spazzata, una fortissima rasteira. Questo innervosì Josivaldo sempre di più, il quale si alzò da terra a stenti e riprese a provare a colpirlo. Meia lua, martelo, queixada, nessun colpo andava a sengno e la stanchezza iniziava a renderlo sempre più distratto. Alla prima spazzata ne seguirono molte e molte altre, la maggior parte fatte con il bastone, il che era ancora più umiliante, finchè Josivaldo non ne potè più e si dichiarò sconfitto lasciandosi cadere al suolo.
Il pubblico si mise subito ad applaudire e ad acclamare il vincitore con foga. Solitamente Manduca, al termine di un incontro, se ne andava via subito ma questa volta fece diversamente. Si chinò a terra e si avvicinò al suo sfidante, che non aveva più le forze nemmeno per muovere un muscolo, e gli prese il cappello.
“Questo lo tengo io” gli sussurrò nell’orecchio “se lo rivuoi indietro, mi dovrai fare un favore”… “durante il festival di Penha, la prossima settimana, tornerai qui, nella Città Nuova con i tuoi compari Nagoas e farai in modo che si scateni una rissa contro i Guiamuns e a loro ci penserò io”. Josivaldo annuì usando le ultime forze che aveva in corpo e Manduca da Praia se ne andò a brindare con i suoi amici intellettuali come era sua consuetudine fare.
I giorni correvano veloci e il giorno del festival della Penha arrivò presto.
Nella Città Nuova molti componenti dei Guaiamuns facevano parte anche della banda di percussionisti che suonavano per la festa. Le strade erano affollatissime e i tamburi rimbombavano per le piazze. I musicisti si spostavano in gruppo, formando file di cinque o sei persone e tenevano le percussioni (surdo, repique, caixa e altre) legate a sé con una cinta, in modo tale da aver le mani libere per tenere le bacchette.
La festa era solo all’inizio quando nella Città Nuova arrivò un’altra banda di musicisti non prevista, formata da membri della banda Nagoas. Chiaramente la loro presenza era solo per creare scompiglio e favorire una nuova rissa tra le due bande.
Lo stesso ragazzo che minacciò Manduca al mercato fece arrestare la batuquada (la musica) solo con un semplice cenno del capo. I Nagoas, poco dopo, fecero lo stesso. Il capo Guaiamuns appoggiò a terra la caixa che teneva legata al collo e si avvicinò agli altri.
“Come osate venire a disturbarci nella Città Nuova proprio nel giorno di una festa sacra come questa?”
“chi di voi si fa avanti e vuole sfidarmi?, vi mostrerò chi sono i migliori e che dovrete tornarvene nella Città Vecchia!”.
Josivaldo si sentì immediatamente responsabile, era stato lui a chiedere ai suoi compagni di recarsi lì, rischiando la propria vita. Fece per appoggiare il Surdo a terra, ma non ebbe nemmeno il tempo di farsi avanti che un altro giovane parlò per lui “sfida me se ne hai il coraggio!” esclamò costui.
Josivaldo era senza parole, questo ragazzo indossava il suo cappello, però non lo aveva mai visto prima. “Pezzente Nagoas” disse il capo dei Guaiamuns “sei pronto per una rissa all’ultimo sangue?”
“vorresti fare una rissa quindi?” rispose il giovane
“certo che si! preparati a perdere i denti!”.
Fu proprio in quel momento che si levò il cappello e dichiarò “questa volta ti va male mio caro, sono un polizziotto e i miei colleghi sono qui per arrestarti! I delinquenti come te che creano scompiglio in città vanno messi tutti in prigione!”.
Un gruppo di polizziotti sbucò tra la folla portando via il capo dei Guaiamuns sotto gli occhi increduli di tutti i presenti. Il poliziotto che si era proprosto di sfidare i Guaiamuns si avvicinò poi a Josivaldo.
“Ecco! Questo cappello è suo, il nostro amico in comune, il signor Manduca da Praia, le manda i suoi saluti”.
Ebbene sì, sembrerebbe proprio che Manduca da Praia sia stato uno dei più scaltri e furbi capoeristi di Rio de Janeiro.